La burocrazia ferma la scuola

Rinnovare l’ordinamento scolastico per garantire la qualità dell’istruzione

Si è svolto martedì 29 marzo 2022 – online – il convegno intitolato La burocrazia frena la scuola – Rinnovare l’ordinamento scolastico per garantire la qualità dell’istruzione

Al convegno hanno partecipato come relatori il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, il Sottosegretario Barbara Floridia, il Dott. Carlo Cottarelli, (Osservatorio  Conti Pubblici), Rino Di Meglio (Coord. nazionale Gilda degli Insegnanti), Riccardo Nencini (Presidente Commissione Istruzione Senato), Gianluca Vacca (Commissione Cultura Camera), Carmela Bucalo (Commissione Lavoro Camera), Valeria Alessandrini (Commissione Istruzione Senato) e Mario Pittoni (Vicepresidente Commissione Istruzione Senato). L’evento è stato introdotto da Stefano Colarieti (Direttore Generale “Consenso Europa”) e moderato da Roberto Inciocchi (Giornalista Sky Tg24).

LA BUROCRAZIA FRENA LA SCUOLA (video integrale 1h 38′)



Pubblichiamo di Seguito il testo e i video dei singoli interventi

Dott. Stefano Colarieti (Direttore Agenzia Consenso Europa)

Buongiorno a tutti. Io sono Stefano Colarieti, direttore dell’Agenzia Consenso Europa che collabora con Gilda. Il mio è un brevissimo intervento di ringraziamento a tutti i partecipanti, a partire ovviamente dal Ministro e dal Coordinatore Nazionale di Gilda Rino Di Meglio e tutti i parlamentari che sono presenti qui con noi: la Bucalo, Pittoni, Vacca. Li ringrazio davvero per avere dato la disponibilità a partecipare a questo incontro. Avremo fra un pochino anche Riccardo Nencini e quindi, come dire, potremmo dare il via a questo evento. Do subito la parola a chi modererà l’evento, ringraziando molto: Roberto Inciocchi, giornalista di Sky che ha aderito a questa nostra iniziativa e che dovrà condurre un po’ la giornata di lavoro che abbiamo di fronte. 

Avevamo immaginato di farlo in un luogo fisico, in presenza. Ci piace molto di più immaginare incontri come questi in presenza, ma purtroppo ancora una volta ci imbattiamo in questa situazione antipatica che da due anni ci accompagna che è il Covid e quindi abbiamo dovuto velocissimamente switchare verso una iniziativa on line. Ma ci saranno sicuramente altre occasioni. Ringrazio di nuovo tutti e do la parola a Roberto Inciocchi, grazie.  (https://youtu.be/b8NAOtbnj1oDotto)


Roberto Inciocchi: Allora direttore, grazie a Voi e inizio con una brevissima introduzione di Rino Di Meglio, coordinatore generale della Gilda degli insegnanti. Poi così andiamo subito dal ministro e magari lo liberiamo in modo che possa riposare. Vado da Rino Di Meglio per un’introduzione a questa mattinata di confronto.


Prof. Rino Di Meglio, Coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti FGU

Buongiorno a tutti, grazie al Ministro, un grazie particolare perché sia lui che io purtroppo non siamo in perfetta salute, ma siamo comunque a lavoro. Diciamo che l’obiettivo di questo incontro è fare un ragionamento insieme. Certo che non si trovano le soluzioni miracolistiche immediate ma, cominciando a ragionare, si può impostare la soluzione dei problemi.

Allora, dopo che è stata pubblicata la ricerca del Prof. Cottarelli dell’Osservatorio del Pubblico impiego, questa ricerca ha praticamente confermato quello che noi che viviamo nella scuola abbiamo intuito da tempo. E cioè che nella scuola c’è troppa burocrazia rispetto al lavoro fondamentale. 

Intanto diciamo che nella scuola c’è un tempo che non è mai perso che è quello che gli insegnanti possono dedicare agli alunni e quello che gli insegnanti possono e debbono dedicare alla propria crescita professionale e alla formazione. Questo è il tempo prezioso della scuola.

Ma quando una ricerca e le notizie che abbiamo ci dicono che nella scuola italiana, più che in ogni altra scuola europea, si perde tanto tempo per tante attività accessorie che non sempre hanno a che fare con l’insegnamento o, addirittura, qualche volta – come dico io – si frigge l’aria, invece di dedicare le energie alle cose più produttive, allora io penso che abbiamo il dovere di preoccuparci di questa situazione e di impegnarci affinché si possa uscirne in qualche modo. Perché c’è sempre una via d’uscita, c’è sempre il tempo per ripensare a degli errori e per correggerli. 

Non sempre c’è la soluzione della legge. Qualche volta anche la soluzione degli indirizzi morali che può dare un Ministro sono indirizzi importanti. Perché, diciamo, il moto della vita politica è dato anche dalle idee e dalle azioni delle persone. Ecco, io mi fermerei qui per questa introduzione perché so che il Ministro poi non può fermarsi tantissimo. Mi fermerei avendo impostato il problema e poi dopo ci ritorno sopra. Grazie (https://youtu.be/95PvuNvbb9U )


Roberto Inciocchi : Il tempo delle grandi crisi, lo diciamo sempre, dà paradossalmente delle grandi possibilità di cambiamento. Un lavoro difficile anche per l’eccesso di burocrazia, Lei dice, “degli adempimenti che svolgono gli insegnanti”, non collegati alla didattica; allora io cedo subito la parola al Ministro Bianchi che ringraziamo per il suo intervento, poi magari Le farò due domande veloci e poi la liberiamo. Prego.


Dott. Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione

Sì, Grazie. Allora, grazie innanzitutto alla Gilda degli Insegnanti e Grazie al Professor Rino Di Meglio. Io devo ringraziare molto il Prof. Di Meglio sempre per questa capacità di equilibrio e di concretezza con cui vengono affrontate le questioni.

Grazie Rino, veramente Grazie. E grazie anche per aver affrontato questo tema della burocrazia. 

Noi abbiamo tre questioni distinte che vanno viste nell’ambito di questo tema. Innanzitutto il tema del tempo, come ha detto giustamente Rino Di Meglio. 

Noi oggi però abbiamo delle scuole che sono delle organizzazioni complesse. Cioè abbiamo delle scuole che hanno 1.500-2.000 studenti, con dotazioni materiali molto complesse, con più edifici. Ricordate che abbiamo 8mila 4 cento scuole ma 42mila edifici; edifici non di proprietà della scuola e abbiamo, dall’altra parte, una struttura organizzativa che continua ad essere schiacciata sul modello “il preside diventato dirigente” e sostanzialmente una struttura più fatta di buona volontà che di organizzazione effettiva. 

Non c’è nessuna organizzazione al mondo che può tenere un livello di questa complessità con questa struttura così fragile. E allora è vero: bisogna che noi liberiamo il tempo dei docenti perché si dedichino alla docenza, ma dall’altra parte dobbiamo organizzare le scuole in modo da avere dei modelli organizzativi (adeguati). Quindi se si chiama dirigente, ci vuole un middle management che sia in grado, sostanzialmente, di reggere questa complessità. E quindi è un problema anche di formazione. 

Noi non abbiamo una struttura organizzata per la formazione permanente, non solo degli insegnanti ma anche di tutto il personale. Personale sia di derivazione docente che tecnico amministrativo che vogliano organizzare la vita quotidiana delle scuole. Noi abbiamo un problema di ripensamento della scuola come organizzazione complessa. Qui voi dovete scusarmi, ma io di mestiere faccio l’economista e quindi vedo le cose in questo modo: c’è un problema di organizzazione complessa. E quindi c’è un problema di aggiornare l’organizzazione delle nostre scuole ad un adeguato livello di funzionamento, tale da permettere agli insegnanti di dedicarsi interamente a svolgere la funzione docente. 

Il secondo tema che salta fuori è la macchina complessiva dello Stato. Non dimenticate che sono 15 anni che, in buona parte, anche in nome della burocrazia o della non burocrazia, non si investe in pubblica amministrazione. Vi ricordo che il nostro ministero – ma siamo pressappoco uguali in tutti i ministeri – siamo al 40% del personale che dovremmo avere. E noi abbiamo, in alcuni Uffici Scolastici Regionali, anche delle situazioni molto peggiori. Vedo Mario (Pittoni, ndr), Lui sa perfettamente che l’Ufficio Scolastico del Friuli, con tutte le complessità che ha, compreso anche il bilinguismo, è meno del 40% del personale in servizio. Allora, quando tu non investi nelle persone, fioriscono le leggi sulle leggi. Cioè fioriscono i divieti. Il modo per ridurre i divieti è formare le persone della pubblica amministrazione in un’ottica diversa di pubblica amministrazione. Quindi ancora una volta è un problema di tipo strutturale che va affrontato. 

Dopo di che è chiaro che dobbiamo dare verso dei modelli organizzativi che tengano conto di come si è trasformata la scuola italiana negli anni. Non dimenticate che l’ultima riforma del reclutamento è stata fatta quando, Mario? Quindici anni fa? Siamo arrivati, sostanzialmente, all’interno del decennio 2020 che si è celebrato complicatissimo, di fatto con un patrimonio di insegnanti che abbiamo definito vent’anni fa e da allora abbiamo semplicemente incalzato, rincalzato, ma non affrontato in maniera strutturale. 

La grande battaglia di Mario è stata su questo, in maniera molto chiara. Però su questo c’è un punto che io vorrei continuare a ripetere. È chiaro che noi dobbiamo non soltanto prendere il PNRR come opportunità, ma dobbiamo prendere il PNRR con l’opportunità che ha messo in evidenza la Gilda (degli Insegnanti, ndr), cioè quello di cambiare il rapporto fra amministrazione e servizio offerto. Quindi quello che possiamo chiamare sotto la voce “sburocratizzazione”. Di questo io sono assolutamente convinto.

Ma sono convinto che la sburocratizzazione si fa se noi abbiamo un’amministrazione più efficiente, più adeguata ai tempi che corriamo e, ancora una volta, più capace di interpretare il ruolo proprio dell’amministrazione, che non può essere soltanto quello di tipo coercitivo. 

Anche perché, ormai trent’anni fa, avevamo avviato un discorso sulle autonomie, ma le autonomie o si esercitano fino in fondo o altrimenti diventano sostanzialmente delle gabbie da cui si fatica poi ad uscire, ma si fatica persino ad entrare. Cioè sono delle gabbie che per poter essere effettivamente operative hanno bisogno di alcuni elementi di scelta che debbono essere attribuiti alla scuola con il suo rapporto con il territorio, ma devono però vedere, a questo punto, un coordinamento veramente totale fra i soggetti. 

Vi ricordo, voi lo sapete, siete tutta gente di Scuola, noi abbiamo creato un meccanismo per cui, in una scuola l’edificio è di un ente locale (il comune o una provincia nel caso di grandi istituti tecnici), il personale lo mette lo Stato, la programmazione deve essere regionale. Allora, o questa cosa funziona come un macchinino continuo, sempre oliato e funzionante, o altrimenti è chiaro che questo macchinino da qualche parte si inceppa. 

Per questo voglio segnalare tra l’altro il ruolo importante dei dirigenti, ma anche della struttura di middle management che deve reggere il lavoro dei dirigenti. 

Cioè, in altre parole, io ho l’impressione che noi dobbiamo affrontare il tema avendo molto chiaro la funzione fondante che deve avere la scuola: cioè l’educazione. Ma dobbiamo affrontarlo però mettendo in evidenza anche quali sono le strutture serventi che dal punto di vista organizzativo ed economico permettono agli insegnanti di svolgere la loro funzione. E allora è chiaro che a questo punto salta fuori primo di tutti il tema che poneva ieri, con grande forza, il governatore della Banca d’Italia: cioè di andare verso una fase in cui aumenti in maniera significativa l’investimento nel Paese. Questo al di là del PNRR. 

Quindi noi adesso abbiamo queste risorse che, credetemi, ci vengono date però con dei vincoli di destinazione strettissimi. 

Perché poi dopo, quando diciamo “burocrazia” non dimentichiamo che abbiamo una vigilanza da parte dell’Unione Europea che giustamente mette risorse ma che interviene specificatamente su ogni singolo argomento che noi stiamo affrontando. Cioè, non è una partita semplice. 

Quindi, da parte nostra è chiaro che noi dobbiamo ritrovare una capacità di avere un quadro nazionale più solido. Però con la capacità di andare a specificare le condizioni all’interno dei diversi territori. Un giovane di 18 anni della provincia di Bergamo non è un giovane di 18 anni di un’area interna della Campania, perché i diritti sono uguali, ma le condizioni oggettive in cui si muovono sono ben differenti. E questo viene espresso sostanzialmente dagli indici di dispersione scolastica. 

Allora, gli indici di dispersione scolastica sono indici di una grandissima tipologia di varietà di condizioni che abbiamo all’interno del Paese. E quindi è chiaro che all’interno del Paese dobbiamo avere un quadro nazionale che io ritengo personalmente più robusto e, dall’altra parte, però, dei quadri locali in cui le responsabilità devono essere più nette. Quali sono le responsabilità degli enti locali? 

Le responsabilità di una Regione, le responsabilità di uno Stato nazionale e le responsabilità, comunque, del territorio. 

Perché altrimenti è chiaro che, laddove non vi sia tutto questo, la sua surrogazione è burocrazia. Cioè la crescita a dismisura di norme che a livello nazionale non solo danno delle linee programmatiche ma addirittura arrivano a fissare il singolo particolare. Cioè, addirittura hanno delle capacità di tipo regolatorie su la singola attività e su la singola funzione. Ora, credo che vi sia anche un problema di come facciamo le norme. 

E credo che questo sia importante perché noi stiamo andando verso delle norme che sono sempre più “specificate”, sempre più tali da dettagliare ogni singolo passaggio. E questo credo che non faccia bene alla scuola italiana. La scuola italiana deve essere “responsabilità”. E quindi dobbiamo ritrovare lo spazio delle responsabilità. (https://youtu.be/LAloDpJd1NQ )

Roberto Inciocchi: Ministro …prego prego, concluda.

Ministro Bianchi: No, ho concluso, mi ha detto che mi faceva due domande.

Roberto Inciocchi: Sì, un paio di domande e poi la lascio ai saluti di tutti noi e di Rino Di Meglio. 

La prima: Lei ha citato un paio di volte il PNRR. Fino a 34 giorni fa – prima dell’invasione Russa in Ucraina – parlavamo solamente di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’abbiamo ascoltata l’altro giorno in audizioni: i fondi per l’Istruzione sono fondi importanti che potrebbero determinare davvero un cambiamento. 

Lei ha parlato delle 6 riforme, dei due blocchi di investimento sulle infrastrutture sulle competenze, e di un ruolo centrale potenzialmente ritrovato dalla scuola. Però, insomma, è uno dei dibattiti politici di queste ore: ci sono forze politiche che dicono “riscriviamolo”. Altre che dicono “sospendiamolo” per 12 mesi, altre che dicono “lasciamolo così”. Ma c’è il rischio di non prendere questi soldi?, Ministro. 

Ministro Bianchi: No. No perché, guardi, così com’è congegnato il meccanismo, i soldi vengono dati solo se Lei effettivamente è in grado effettivamente di poterli non spendere ma programmare e permettere a coloro che ne hanno responsabilità di spenderli. 

Noi sui 12 miliardi che riguardano l’edilizia – che è la prima parte che abbiamo fatto -, lei ha visto che noi abbiamo avuto un problema solo per quanto riguarda gli asili nido del Sud. 

Gli asili del Sud sono però la misura e l’indice ancora una volta dello squilibrio. Quindi noi abbiamo ampliato, nel caso vi dovessero essere delle risorse rimanenti, le reimpiegheremo per andare a cogliere proprio quelle situazioni che sono le più lontane rispetto alla media europea. 

Noi abbiamo l’obbligo di andare ad una media europea. E noi andremo sicuramente lì, quindi per quanto riguarda noi, l’idea di non spenderli non esiste. (https://youtu.be/LAloDpJd1NQ )

Roberto Inciocchi: Chiarissimo. Insomma, parliamo da tanto, da sempre, di “accompagnare” il lavoro con adeguati interventi formativi e la verifica sul campo della competenza degli insegnanti e le prospettive chiare di stabilizzazione. 

Ministro, ci chiarisce un po’ il passaggio sull’ultimo concorso della scuola che, insomma, tante polemiche ha creato?

Ministro Bianchi: A ma certo, glielo dico subito. Questo è un concorso che noi abbiamo ereditato dal passato. Quindi noi stiamo, in questo momento, ancora andando ad eseguire degli impegni che erano stati assunti in precedenza e che come tali vanno onorati con una modalità di organizzazione anche delle prove che sostanzialmente si è dimostrata e si sta dimostrando non adeguata. 

Noi stiamo andando verso un’idea molto chiara che è quella di andare poi verso concorsi annuali, perché questo capita quando i concorsi ci sono in maniera così imprevedibile. Bisogna andare verso concorsi annuali e avere ben chiaro quanti sono i posti vacanti e disponibili in ogni area. 

Bisogna, ovviamente, trovare la maniera di permettere a tutti di trovare il loro percorso di vita. Però è chiaro anche che questo era l’ultimo passaggio di una storia precedente che noi, ripeto, abbiamo l’obbligo di chiudere ma che sicuramente ha dimostrato tutti i limiti. Non c’è dubbio su questo. Non c’è nessun dubbio. Così come non c’è nessun dubbio che dobbiamo andare verso dei meccanismi per cui il passaggio allo Stato, da parte di chi vuol rimanere nello Stato, e il passaggio al settore paritario, per chi vuole rimanere nel paritario, debba essere considerato come una tappa nella vita ma non il destino finale. C’è un problema di formazione continua, dopo. 

Non dimentichi che noi non abbiamo dato mai sufficiente attenzione al fatto che lei sta insegnando delle attività che in realtà sono sottoposte ad un cambiamento non solo tecnologico ma anche di contesto sociale, sostanzialmente rapidissimo. 

Cioè, i cambiamenti che abbiamo di fronte sono molto più rapidi dei tempi della scuola. E quindi noi dobbiamo anche informare i nostri docenti verso una scuola che non sia quella della scuola del “io mi iscrivo perché dopo ho un mestiere fra cinque anni”. Perché fra cinque anni probabilmente chissà che mestiere c’è. Però questo richiede un investimento continuo in formazione dei nostri docenti. (https://youtu.be/LAloDpJd1NQ )

Roberto Inciocchi: E prima di lasciarla a Rino Di Meglio per salutarla, Ministro, ci facciamo un complimento. Non sono complimenti, ma vogliamo sottolineare un aspetto positivo, rimanendo sulla cronaca? 

Ci sono più di 70 mila profughi Ucraini che sono arrivati negli ultimi trentaquattro giorni nel nostro Paese. Migliaia di ragazzi che le nostre scuole stanno già accogliendo velocemente con un tentativo velocissimo di integrazione. Questo davvero deve essere sottolineato, perché poi è il senso dell’impegno.

Ministro Bianchi: Guardi, io credo che non si renda neanche conto, chi non è dentro la scuola quotidianamente, dello sforzo straordinario che noi stiamo facendo. Allora mi permetta di replicare un attimo le considerazioni. 

In maniera testarda, da diversi riconosciuto ma io l’ho preso come un complimento, noi abbiamo deciso di tornare in presenza. Si ricorda come, non  tanto tempo fa, il 10 gennaio, c’erano alcune eminenti personalità, il Presidente della Giunta Regionale della Campania, che dicevano che si doveva tener duro e tenere chiuso (le scuole, ndr) per un altro mese. Io fin da quando sono arrivato, l’anno scorso, sicuramente a Settembre, sicuramente adesso, ho ritenuto che la scuola debba essere in presenza. E mi dia atto che siamo riusciti a farlo per questa straordinaria, straordinaria, disponibilità di tutto il nostro personale. 

Per inciso, mi permetta un inciso su una polemica che vedo quotidiana in questi quotidiani di questi giorni, che è sul personale No Vax che rientra a scuola. Io ho posto semplicemente il problema della continuità didattica. 

Perché non è possibile che i nostri ragazzi abbiano per quattro mesi un insegnante e gli ultimi due mesi si torni indietro. C’è la possibilità che questo personale, che non sono tantissimi, sono poche migliaia, venga messo a disposizione della scuola anche per affrontare quelle situazioni straordinarie che abbiamo di fronte. E mi sembra importante, un giusto riconoscimento a tutti. Ma ognuno però rispettando quello che per me è il punto fondamentale: cioè i ragazzi. 

I ragazzi hanno bisogno di concludere l’anno con gli insegnanti che hanno seguito tutto l’anno. Guardi, noi abbiamo, rispetto ai ragazzi ucraini, fin da subito fatto una circolare a tutte le scuole che li invitava ad accogliere. Poi abbiamo fatto un’altra circolare più di carattere pedagogico dicendo “Attenzione”, il primo punto sarà semplicemente l’entusiasmo dell’accoglienza, il secondo punto sarà però stabilire delle connessioni linguistiche. 

Non è facile stabilire delle connessioni linguistiche: parlano un’altra lingua e scrivono con un altro alfabeto e non abbiamo tutti questi mediatori linguistici in Italia, però – con l’aiuto della stessa comunità ucraina – ce la stiamo facendo. 

Poi abbiamo un sistema di rilevazione “in continuo” cioè, minuto dopo minuto, ci dice esattamente quanti sono, e ne escono mediamente in più duecento, trecento, al giorno. Con un’accelerata notevole. 

Quindi ieri sera eravamo a 7.500, oggi siamo già probabilmente a 8.000.

Però il punto che diventa fondamentale è un punto che io trovo interessante. La percezione dei ragazzi e delle loro famiglie è un’integrazione, ma la loro richiesta è tornare indietro. La loro richiesta, di tutti, è di tornare indietro in Ucraina. 

Quindi noi ci dobbiamo far carico non soltanto di accoglierli, ma anche di fare quella sorta di cosa che io chiamerei “pedagogia del ritorno” che è fondamentale. 

Cioè dobbiamo, prima o poi, accompagnarli in un Paese, che non so se sarà da quest’anno o l’anno prossimo o fra due anni, che loro troveranno molto diverso da come l’hanno lasciato. Questa è anche una straordinaria sfida per noi. Per tutti noi. 

Perché anche noi abbiamo dovuto fare una sorta di pedagogia del ritorno dopo il Covid-19. A fronte di questo io credo che noi stiamo affrontando questa cosa con grande capacità. L’Unione Europea ci ha dato la possibilità di riutilizzare delle risorse residue di fondi strutturali 14/21. 

Adesso noi, col Ministro del Mezzogiorno, stiamo cercando di vedere quali siano le risorse su cui possiamo contare e anche considerando che, nel frattempo, dobbiamo attivare il nuovo programma comunitario. 

Come lei vede, sono macchine complicate da gestire, però ce la facciamo, ma ancora una volta mi permetta: questa vicenda dei ragazzi ucraini dimostra la grande capacità umana dei nostri docenti; perché noi parliamo sempre di competenze tecniche, disciplinari. Al centro c’è sempre la capacità umana. Cioè quella che io chiamo sempre la scuola affettuosa.

Se non c’è una scuola affettuosa, la scuola rimarrà sempre una sorta di ingorgo burocratico. È per questo che ho apprezzato moltissimo il discorso di Rino Di Meglio e iniziativa della Gilda degli Insegnanti. Grazie. (https://youtu.be/LAloDpJd1NQ )


Prof. Rino Di Meglio, Coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti FGU

Roberto Inciocchi: E allora, ministro, la lascio ai saluti proprio di Rino Di Meglio. 

Rino Di Meglio: Intanto ringrazio anch’io il ministro per il grande equilibrio del suo intervento, che in alcune parti condivido e in altre non del tutto. Perché il ministro fa benissimo quando ci richiama il fatto che il problema della burocrazia in Italia è un problema di carattere generale, perché sicuramente non assilla solo la scuola, ma dilaga dappertutto. Basta parlare con un architetto che ci viene a dire della follia che trova presso i vari comuni italiani.

Sicuramente la burocrazia è un problema anche per la realizzazione del PNRR. Io penso a tutta la parte importantissima dell’edilizia scolastica, perché nel corso degli anni abbiamo visto che molto spesso gli stanziamenti partono dal centro e poi si arenano per la burocrazia  e quindi non vediamo realizzare le opere. 

Per quel che riguarda poi la parte più specifica nostra, quella che vivono gli insegnanti, penso sia una follia pensare quello che ci ha detto lo studio del professor Cottarelli e cioè che rispetto a 18 ore di insegnamento un’insegnante ne passa 36 a scuola, molto spesso per fare altre cose. 

Cioè abbiamo due tipi di burocrazia: quella delle cose non connesse alla didattica, ma poi in qualche caso abbiamo anche quella didattica; perché magari qualche volta il ministero non si rende conto dei tempi della scuola. 

Faccio un esempio molto semplice: l’anno scorso è cambiato il sistema di valutazione nella scuola primaria. Vabbè, non vado nel merito, ma il problema è che è cambiato metà dell’anno scolastico. Di conseguenza che è successo? È successo che i registri non erano adeguati.

Allora – il ministro sa meglio di me. Io non so quanti sono gli alunni delle scuole primarie -, ma parliamo di qualche milione. Che è successo? Che gli insegnanti delle scuole primarie – tutti – hanno dovuto scrivere a mano, una per una, le nuove schede di valutazione, con tutti gli elementi che c’erano dentro, per cui si è prodotta una montagna enorme di scartoffie. 

Poi quest’anno i registri sono stati adeguati. E vabbè. Però questo è un esempio di come qualche volta si perda un sacco di tempo per cose che magari ci si poteva risparmiare poi.

È vero, Ministro, la scuola è diventata grande: il problema è che penso ci dovremmo interrogare se la dimensione della scuola grande sia davvero la dimensione adatta ai nostri alunni. Perché non è detto che perché l’autonomia l’ha fatta diventare grande, questo sia giusto.

Faccio un esempio molto semplice: il collegio dei docenti dovrebbe essere l’organo nel quale i professionisti dell’istruzione esaminano i problemi, compresi quelli dei pierini più deboli. Ma come fa un collegio composto da 200 persone a riunirsi in 2 ore per esaminare un problema. (https://youtu.be/95PvuNvbb9U)

Ministro Bianchi: Sì, sì. È una cosa assolutamente su cui siamo d’accordo, sono d’accordo con Lei.

Rino Di Meglio: Siamo d’accordo perché siamo con le istituzioni che portano la ragionevolezza e l’inutilità delle riunioni. Ovviamente una riunione di 250 insegnanti non è un collegio, diventa una conferenza di servizi. 

Al massimo il dirigente riesce a commentare una circolare, quindi la cosa non può funzionare così. E forse dovremmo chiederci se non sia il caso di tornare a una dimensione più umana anche dell’entità scolastica, perché non sempre il passato è bello ma, in passato, con Collegi di docenti di 60, 70 persone si riusciva a ragionare molto meglio di uno di 200, 250, che arriva ai livelli del Parlamento; e poi parlavamo prima di indirizzo morale, perché poi non è possibile che anche i dirigenti scolastici, non sapendo organizzarsi, comincino con i gruppi whatsapp, riunioni. 

Poi ci sono i buchi orari: perché anche l’orario di insegnamento del docente, non è come quello dell’impiegato, ha dei buchi e questi buchi non consentono di utilizzare il tempo libero per la vita personale, ma sta lì, a scuola, in sala insegnante, ad aspettare che passi l’ora per passare a un’altra classe. Diciamo che è tutto l’insieme che è abbastanza complicato. Ma anche la questione del middle management: sì, esiste. In teoria è un problema anche questo; è chiaro, però, caro ministro, lo sa meglio di me, perché si è battuto per ottenere risorse, che con le risorse che vengono stanziate attualmente, c’è poco spazio anche per ragionare di questioni diverse, dalla semplice inflazione, per cui se non c’è lo stanziamento di denaro ben poca messa possiamo cantare. Questo è il problema grossissimo che abbiamo. 

Per cui, lo dicevo, sarebbero importanti anche degli appelli morali per cercare di ridurre. 

Poi c’è un altro grosso problema: penso che l’incentivo a sprecare l’orario degli insegnanti, venga anche dal fatto che le ore non sono pagate. E cioè: ciò che ha valore non si spreca.

Ma quando noi consentiamo – a livello contrattuale – di forfettizzare il pagamento e di arrivare a cinque, sei, euro l’ora. …É questa una questione che affronteremo al tavolo sindacale, ovviamente, perché qui c’è anche un incentivo allo spreco del lavoro del docente. Perché se costasse un po’ di più ovviamente si starebbe attenti a non sprecarlo, per cui succede che il collega che si prende l’incarico di fare il coordinatore di classe – che è un carico importante – viene pagato con un forfait di 150 euro l’anno che è una cosa che sfiora l’offensivo, perché poi quando contiamo le ore diventano cinque, sei euro l’ora, che sono pagamenti accettabili. Ma questa è questione, lo ripeto, che dovremo, assieme agli altri sindacati, cercare di regolare a livello contrattuale. (https://youtu.be/95PvuNvbb9U )

Roberto Inciocchi: Allora, ascoltiamo la risposta del ministro. E poi promettiamo che lo liberiamo.

Ministro Bianchi: No, no. Non c’è risposta. Sono delle considerazioni che il Dottor Di Meglio ha fatto, che sono rilevanti. Questo tema del dimensionamento delle scuole è una cosa su cui io stesso ho riflettuto molto. 

Negli anni passati, si è arrivati a costruire veramente delle strutture che sono gigantesche e quindi anche – in molti casi – decisamente ingovernabili. Però sono considerazioni che in parte saranno occasione del tavolo sindacale, come ha detto dottor Di Meglio, e in parte sono motivo di questo tema della riorganizzazione del sistema complessivo, dove prendo atto di questo posizionamento sul ridimensionamento delle scuole. Mi sembra un tema di grande importanza. 

Io vi Saluto e vi lascio perché io sono arrivato in fondo alle mie capacità respiratorie. (https://youtu.be/LAloDpJd1NQ )


Roberto Inciocchi: Grazie, auguri di pronta guarigione. 

Grazie, grazie ministro Bianchi per essere stato con noi e aver aperto; ci siamo un po’ dilungati con il ministro, ma questo era ovviamente doveroso. 

Adesso abbiamo tante voci, tanti elementi, tante cose da dire sulle quali ragionare. Andiamo un pochino più snelli. Intanto torno velocemente da Rino Di Meglio. Le parole del ministro sono state parole chiare, Di Meglio no? Insomma, in qualche modo ci ha detto non solo quello che è il suo pensiero, ma anche l’attuazione del pensiero?


Rino Di Meglio: Beh, direi che il ministro si è mostrato molto disponibile a ragionare insieme e che ha condiviso alcune delle nostre obiezioni: sul middle management, ovviamente c’è tutto da discutere, come ha detto di voler fare, a stare attenti a non creare altre situazioni di caporalato, cioè usando sempre gli insegnanti; se serve, maggiore amministrazione della scuola è un problema, direi, soprattutto del contratto della dirigenza, non di quello degli insegnanti. (https://youtu.be/95PvuNvbb9U )


Roberto Inciocchi: E certo. Diamo ora la parola al Presidente Commissione Istruzione, Senatore Riccardo Nencini. Senatore, allora: abbiamo sentito e stiamo ragionando intorno al tema della burocrazia, l’elefante che – a livello di istruzione – ci portiamo sulle spalle e chissà da quanti decenni: abbiamo parlato con il ministro del passaggio del Pnr. Potrebbe essere un passaggio decisivo. Vogliamo ascoltare anche lei, ci dà le sue considerazioni? Poi magari le commentiamo.


Sen. Riccardo Nencini, Presidente commissione Istruzione Senato

Riccardo Nencini: Sì, molto volentieri. Grazie; ho ascoltato anche chi mi ha preceduto e saluto molto volentieri intanto chi organizza. E poi, naturalmente, anche il ministro e chi ha ragionato assieme a lui. Aggiungo alcune considerazioni che non sono ignote a Patrizio e nemmeno al mondo, al movimento, all’associazionismo di natura sindacale. Ne aggiungo essenzialmente tre. 

La prima delle riflessioni riguarda la considerazione che le risorse che la scuola italiana diciamo così, il mondo della conoscenza, perché io metto assieme alla scuola, il mondo dell’università e tutto quello che di contorno vi è, compreso Le riforme che sono ormai in stato di forte avanzamento, come quella sugli Its,  gode, come mai è successo nel passato, di una valanga di possibilità di finanziamento in investimenti.

Se mettiamo assieme tutto il mondo della conoscenza, bypassiamo quei 18 miliardi circa che riguardano l’istruzione. Andiamo più attorno ai 30, compreso l’università, il mondo della ricerca, che non attorno ai 25. È una massa di denaro mai vista.

Aggiungo una considerazione, anzi una spigolatura però, sul punto che è la seguente: questa massa di denaro, se non la colleghiamo naturalmente agli investimenti che Pnr prevede, nuovi asili nido, scuole innovative eccetera ecc. 

Perfetto. Ma se non la colleghiamo ad un’idea di scuola e di mondo della conoscenza tale da fare il paio con le riforme anche di natura strutturale, noi rischiamo alla fine di fare un’operazione a metà.

Faccio due esempi, rapidamente. Il primo riguarda le scuole innovative; innovative, nel senso di una costruzione che abbia caratteristiche diverse da quelle conosciute. 

Perfetto: per fare cosa? Se immagino una scuola innovativa, immagino che tu abbia in testa un progetto di quale insegnamento inserire in quella scuola innovativa? 

Ci sono i banchi, non ci sono i banchi, c’è la lavagna, non c’è la lavagna, ci sono soltanto iPad. Che cosa c’è? Non vorrei, ed è il secondo esempio, che cadessimo nel rischio che abbiamo già vissuto, che è quello, lo dico senza nessuna polemica, dei banchi a rotelle. 

Per cui noi abbiamo detto, qualcuno ha detto a suo tempo, i banchi a rotelle, cosa decisiva, perché? Perché pensiamo a una scuola di natura diversa. 

Oggi abbiamo qualche banco a rotelle, molti banchi a rotelle non utilizzarli, ma non abbiamo idea di cosa fare, collegato all’insegnamento, con i banchi a rotelle.  Abbiamo speso qualche decina di milioni di euro, per non dire centinaia. 

Seconda considerazione, tra Bianchi e Messa, i due ministri legati al mondo della conoscenza, le riforme si stanno facendo e sono molte, sono molte. 

Noi abbiamo chiuso da poco la doppia laurea, abbiamo in discussione il tema dei ricercatori universitari, la riforma su gli ITS è ormai in dirittura d’arrivo. Aspettiamo che la Ragioneria dello Stato invii  I suoi benedettissimi o maledettissimi pareri di sua competenza, dopodiché siamo pronti ad andare in aula. 

Viene considerata quella  degli ITS, una riforma significativa, molto importante.

Poi ci sono i concorsi in corso: commento alla fine, ma solo enpassan. 

Ecco, la mia domanda è: tutte queste riforme singole, bisogna che comincino a muoversi dentro una cornice organica, perché altrimenti il rischio è che la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra. 

E se questo dovesse avvenire, noi avremmo sprecato un’ottima opportunità che non ricapiterà in quanto a finanziamenti possibili, non ricapiterà domani mattina. 

È la ragione per la quale con il ministro Bianchi abbiamo parlato più volte di tenere il prima possibile gli Stati generali sulla scuola. 

Coinvolgendo tutti gli attori – protagonisti in prima fila, protagonisti di seconda fino alle ultime poltrone, ma comunque interessati alla riforma-. 

Ed è la ragione per la quale, siccome nella commissione che presiedo è in corso la discussione sulla scuola post pandemia, su come i ragazzi e i docenti hanno vissuto la pandemia e su come si possa uscirne, visto che stiamo tornando lentamente ma con pervicacia ad una sorta di normalità, allora bisogna ragionare anche quale tipo di scuola, non solo post pandemia.

Perché molti dei problemi evidenziati alla pandemia a voi erano già noti; a me erano noti come scrittore e come padre di tre figli. 

Voi però – che lavorate nella scuola molto più di me da tempo – quella idea ve l’avevate già fatta. 

Allora questa è un’opportunità, bisogna coglierla. Per collegare al Pnrr un’idea di riforma del mondo della conoscenza. Noi entreremo con questo affare assegnato a discuterne probabilmente verso la fine di aprile, e quindi saremo in grado, a maggio inoltrato, di avere un portolano, non voglio dire una bussola, un portolano attorno al quale costruire delle ipotesi.

Poi ci sono – e ho concluso, non entro nel Pnrr perché le cose stanno andando abbastanza bene, segnalo solo un punto che abbiamo già detto e che hanno già detto gli amministratori locali al ministro – riguarda i bandi per gli asili nido. 

Forse vanno corretti per una parte perché rischiano, per le cose che si richiedono, di non essere compatibili con il tempo assegnato per partecipare a quel Bando. 

Quindi, alla fine, se ci saranno poche domande presentate, non è perché non c’è bisogno di asili nido, ma è perché ci sono bandi che sono, diciamo, non in stretto collegamento con i tempi che abbiamo assegnato ai sindaci e alle amministrazioni locali. 

Due questioni a margine. Una di quelle, però, e concludo, fa il paio anche col tema della riforma. 

Ora non è questa la giornata per discutere di riforma. Però i piedi un piede nel piatto, perlomeno bisogna provare a metterlo. 

Concorso di cui i giornali oggi parlano: il 90% di docenti non supera quel concorso. Bene, qualche settimana fa concorsi non a quiz, ma di altra natura, non sono stati superati in una percentuale che è più o meno simile, dai magistrati o comunque da coloro che partecipano a quel concorso per poter fare i magistrati.

Ripeto, lì non c’erano quiz, lì sono diventati palesi errori di costruzione della frase e quindi una conoscenza della lingua italiana approssimativa ed errori ortografici omerici, quelli per i quali la mia maestra di terza elementare mi metteva – ancora Si usava – dietro la lavagna perché ancora andava di moda questo; non c’era più il ceffone ma la lavagna faceva non soltanto da oggetto su cui si spiegava, ma anche dal luogo dove si metteva in castigo.

Lo dico questo perché forse, al di là delle polemiche che leggo oggi, quiz sì, quiz no, anch’io sono un “anti quiz” e sono per alleggerire tutto ciò che strappa, per opera della burocrazia, forze vive del campo. 

Bene, però, se vedo un concorso per magistrati e vedo il concorso a quiz, il primo, diverso il secondo con questa natura per i docenti vedo, un risultato simile, Mi faccio la domanda se la preparazione che il mondo della conoscenza italiano offre, il mondo della conoscenza, quindi parlo tanto dalle elementari alle medie secondarie fino l’università, possa essere considerata adeguata. 

Nella mia esperienza ho buoni motivi per dire che l’adeguatezza non sempre può essere considerata assolutamente tale. Quindi – ho concluso – il tema della riforma deve riguardare non soltanto la tipologia di insegnamento, ma anche la qualità, l’oggetto dell’insegnamento e la determinazione con cui quell’oggetto si insegna ai vari livelli della propria vita. Grazie moltissime. (https://youtu.be/RlBGUcqynzY )


Roberto Inciocchi: grazie caro presidente. Hai Messo sul tavolo una serie di elementi che magari tra poco commenteremo anche con Rino Di Meglio. Peraltro – sono assolutamente d’accordo – “le riforme singole dentro una cornice”, per finalizzare il denaro che il ministro poco fa ci ha detto arriverà dal Pnrr, su progetti strutturali e integrati. 

Teniamo a mente le sue considerazioni perché dopo le commenteremo. Prima voglio salutare e ringraziare l’onorevole Pittoni, vicepresidente della Commissione Istruzione, il Senatore Pittoni. Senatore ben trovato, buongiorno, do la parola anche lei.


Sen. Mario Pittoni, Vice Presidente comm. Istruzione Senato

Mario Pittoni Ok. Beh, Io sono da sempre in prima linea. Lo sa bene il collega Nencini. Formiamo una bella squadra al vertice della commissione Cultura del Senato. E in questo momento abbiamo due cose che bisogna risolvere con la massima urgenza. Una è la riattivazione dei percorsi formativi abilitanti che mancano in Italia da nove anni. É questo il motivo principale per cui qualcuno ci prova all’estero, andando a spendere il doppio o il triplo che non se ci fossero questi corsi in Italia; per disperazione, perché hanno bisogno dell’abilitazione. 

In particolare chi lavora nelle scuole paritarie, se vuole progredire nella carriera, ha bisogno di potersi abilitare. In questo momento, in Italia, è il problema: molto grosso; e che è diventato ancora più grosso con l’avvio del concorso della secondaria: per 430.000 iscritti e soli 27.000 posti, però con la possibilità, con le famose risposte a crocetta, e raggiungendo i 70 punti, di essere considerati abilitati senza formazione.

Ricordo che la normativa europea prevede percorsi formativi abilitanti per concedere l’abilitazione. 

In Italia, in questo momento, non è così. Si sono riattivati vecchi concorsi abilitanti. Col risultato che se uno risponde purtroppo in buona – parte per fortuna – a queste domande arriva a un certo punteggio e viene considerato abile all’insegnamento. 

E cosa succederà? Che i famosi, i vecchi precari storici, quelli che da almeno 10-15 anni tengono in piedi il sistema in Italia facendo risparmiare lo Stato senza essere assunti e che, per ovvie ragioni, sono ormai a raggiungere una certa età, 40, 45, 50 anni, e sono ovviamente penalizzati, essendo da molti anni lontano dalla scuola, per cui non sono così freschi per quanto riguarda le nozioni e hanno sicuramente qualche problema in più di memoria rispetto ai più giovani, hanno sicuramente ancora più difficoltà rispetto ai ragazzi a superare questi test a crocetta, col risultato che noi tra qualche mese ci ritroveremo la prima fascia con un numero enormemente superiore, rispetto a oggi, di persone abilitate all’insegnamento che toglieranno letteralmente il posto di lavoro a chi ha insegnato fino a quest’anno da seconda fascia, dei famosi precari storici. 

Rischiando anche una emergenza sociale. Cioè, queste persone non solo non avranno la stabilizzazione, il famoso ruolo, ma addirittura probabilmente rischiano di non poter più insegnare, di dover cambiare mestiere, in un’età in cui è estremamente difficile trovare un’altra soluzione lavorativa. 

E questo è un problema. L’altro problema è il concorso, perché il ministro si era già impegnato a dicembre?

Non ce l’ha fatta, adesso si è impegnato per gennaio, a garantire un nuovo sistema di reclutamento aggiornato – da portare in Europa -. Perché è uno degli impegni che abbiamo preso con Bruxelles. 

E il rischio è di partorire un qualcosa di non sufficientemente approfondito che può essere devastante per centinaia di migliaia di precari che abbiamo attualmente al lavoro, ma senza alcuna garanzia per il futuro, pur avendo anni e anni di esperienza. 

Per cui è assolutamente fondamentale il massimo impegno sulla strutturazione di un meccanismo che non varrà per 1 o 2 anni, probabilmente ce lo trascineremo per ben più tempo per cui ci ho lavorato anch’io, a un certo punto; dopo aver visto che il ministero aveva qualche difficoltà a presentare un progetto di questa portata. Io ci avevo già lavorato in precedenza con un ddl nel 1920 e che ho presentato nel 2020 e che poteva essere una soluzione per quanto riguarda gli insegnanti necessari ad affrontare la crisi iniziata in quell’anno con la pandemia; avevo individuato allora 16 diverse situazioni. Ho trovato una soluzione per ognuna di queste situazioni e – senza che una categoria pestasse i piedi  con l’altra-, partendo da lì ho messo a punto un progetto che ho consegnato proprio le scorse settimane al ministro, per dare quello che può essere un contributo.

Io chiaramente sogno che venga preso e venga utilizzato pari pari. Però se anche dovesse passare una sola parte – secondo me – sarebbe utile perché c’è tanto lavoro dietro. Si tiene conto di tutte le situazioni, almeno quelle più diffuse. 

Voglio ricordare, anzi tornare a ricordare, che in questo momento abbiamo dell’emergenza, ripeto, che è quella di attivare i percorsi formativi abilitanti, l’altra è di portare in Parlamento una riforma del reclutamento degna di questo nome. Se sbagliamo questi due passaggi, avremo difficoltà che ci trascineranno per molto tempo. (https://youtu.be/PBuugEYJ-Dk )


Roberto Inciocchi: È esattamente così Senatore. Esattamente il centro, secondo me, del ragionamento. Questo è un passaggio che non si può sbagliare. C’è talmente tanta sensibilità di un’intera categoria intorno a tutto ciò che stiamo dicendo che ci sono 500 insegnanti, più di 500 insegnanti in questo momento che sono collegati con noi, che ringraziamo, e che ascoltano un po’ l’evoluzione del pensiero, l’applicazione del pensiero al mondo della scuola, il problema della burocrazia, tutto ciò che stiamo dicendo. 

Stiamo parlando di tante cose e tanti sono gli interpreti che ancora arriveranno stamattina per dire la loro. Intanto, grazie al Senatore voglio andare subito da Carmela Bucalo, componente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati che saluto, ringraziamo. Buongiorno, grazie per esser con noi. Do la parola anche a Lei per il suo contributo.


On.le Carmela Bucalo, Commissione Lavoro Camera dei Deputati

Ella Bucalo: Grazie, grazie a voi. Io volevo subito partire dagli spunti che mi hanno dato gli interventi precedenti, e soprattutto dall’intervento del Ministro, e partire da quelle che sono le problematiche della scuola. 

Intanto un grande precariato storico, la mancanza di personale nelle segreterie con un organico ridotto. 

Le segreterie sono in tilt, hanno adempimenti amministrativi in continuazione e aumentano sempre di più nel tempo. Un sistema di reclutamento che è fallace, visti i risultati dell’ultimo concorso.

La risposta – con le risposte multiple a crocette – non è quella giusta perché non si può valutare quella che è la competenza, quella che è la qualità di un docente, da una risposta che – spesso e volentieri – è fatta male e non è attinente al percorso di studi e a quello che poi deve andare a fare realmente il docente. 

E un grande apparato burocratico che, credetemi, è enorme e lo dico perché io sono un DSGA e in questi anni ho subìto l’aumento di questo sistema così avulso – con scadenze e con una mole di adempimenti-, credetemi, che spesso e volentieri non hanno nessuna finalità. 

Penso ad esempio ai continui monitoraggi che veramente stalkizzano le segreterie, che non ce la fanno più e che, credetemi, veramente, non hanno una funzione. 

I docenti, io li ho visti in questi anni veramente distrutti e con delle ore da passare a compilare domande, quesiti, distogliendoli da quella che è veramente la loro funzione, che è quella della didattica; per non parlare della didattica e dell’alternanza scuola lavoro: era un appuntamento per noi, veramente avevamo il panico, una mole di scadenze: mettere le ore dei ragazzi; per trovare le ditte, fare i contratti, il tutor. E questo è veramente un sistema che, sia dal punto di vista dei docenti e sia per quanto riguarda tutti, i DSGA e i dirigenti scolastici che – in questi due anni di pandemia – hanno fatto tutto, si sono trasformati in ingegneri con il metro a misurare la distanza delle aule, le distanze dei banchi a sostituirsi alle Asl, ad essere anche a certificare e a verificare anche dati sensibili. E smettiamola. 

Ormai siamo a un punto di non ritorno. E per ultimo anche questa certificazione di qualità. A che cosa vale la certificazione di qualità delle scuole? Ogni appuntamento era, io mi ricordo, che mi trovavo nella mia scrivania ad avere pile e pile di documenti. Credetemi che non servivano a nulla a dimostrare qual era la qualità delle scuole. 

Una scuola deve dimostrare che ha un corpo docenti, che è capace di accompagnare nel percorso di formazione in questo percorso di vita del ragazzo.

La scuola deve dimostrare che ha una dirigente che sa dirigere questo complesso. Ma non tutte queste mole di documenti che non valgono assolutamente niente. 

Altro problema: la dimensione degli istituti. Istituti che sono diventati veramente delle aziende, impossibili da gestire. 

Questi sono i veri problemi che noi dobbiamo affrontare per poi veramente dire andiamo a darci un obiettivo, ma se non andiamo ad eliminare questi problemi non possiamo assolutamente far niente.

Io condivido questo con il Senatore Nencini: è inutile comprare i banchi perché si ha un’idea di fare una didattica innovativa, ma se non prima noi eliminiamo questi problemi. Se non ci sediamo ad un tavolo per poi verificare cosa veramente vogliamo noi sprechiamo i soldi dei cittadini e ci ritroviamo con un sistema, credetemi in questo momento, che non è più possibile continuare. 

Io parlo con tantissimi docenti che sia precari, che hanno questa esigenza, questa esigenza di avere finalmente, dopo anni di precariato, dopo anni di essere sempre nonostante tutto, presenti all’interno del sistema scolastico, ma adesso diamogli finalmente dignità a questo personale; docenti vincolati, immobilizzati, lontani dalle famiglie che non riescono a portare avanti con tranquillità la propria funzione, con segreterie che sono in tilt e che non hanno neanche il tempo di essere a disposizione. Perché è questo che devono fare anche: non solo organizzare, gestire, amministrare un’istituzione scolastica, ma anche essere a disposizione dell’utenza ed essere a disposizione degli alunni, essere a disposizione dei docenti. 

Ebbene, non hanno assolutamente più tempo. E dei dirigenti, come ho già detto, che non sanno quale altro mestiere in questo momento devono andare a fare. Io ho sintetizzato quelle che sono le problematiche della scuola e ribadisco – permettetemi – le ho vissute, perché è da trent’anni che io vivo costantemente come direttore dei servizi generali, la scuola. (https://youtu.be/NbXwcN7S9bA)


Roberto Inciocchi: E sì, però mi sembra che il filo di tutti gli interventi fatti fin qui – all’interno delle proprie problematiche -, è che non c’è più tempo. Intanto Grazie Onorevole. Prima di andare dal Prof. Cottarelli, torno da Rino Di Meglio. Noi giornalisti abbiamo sempre la tendenza alla semplificazione, se noi trasformiamo. Noi in parte, di questo stiamo parlando questa mattina, il sistema in parte ha già trasformato una buona parte degli insegnanti, per una buona parte del loro tempo, in burocrati. Questo rischio è che venga meno, in maniera determinante, la funzione pedagogica della scuola. Insomma, la traduco così. Mi fa un commento Prof. Di Meglio dopo i tre interventi che abbiamo ascoltato?


Prof. Rino Di Meglio, Coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti FGU

Certo. Perché debbo dire che ho apprezzato tutti gli interventi, ma anche il senatore Nencini quando ci dice che se poi noi produciamo degli alunni che non sanno leggere, scrivere e far di conto, ma gli tante altre cose, alla fine non facciamo del bene alla società, perché la scuola perde la sua funzione fondamentale, che non è quella di essere un ospedale, perché anche l’ospedalizzazione della scuola diventa un problema, ma è quella di essere una istituzione che forma i futuri cittadini e gli dà conoscenze fondamentali per affrontare la vita.

Se abdichiamo questo ruolo c’è un problema. Io ho apprezzato anche l’intervento dell’onorevole Bucalo: l’ho apprezzato molto perché lei ha vissuto nella scuola e quindi si è resa conto della marea di burocrazia ossessiva che si crea in scartoffie molto spesso inutili. Allora alla politica, che qui è ben rappresentata, noi che cosa chiediamo? 

Chiediamo di smetterla di indurci in queste condizioni, perché anche la legiferazione; faccio un esempio semplice: si sveglia la politica un giorno e fa una legge e dice che tutti gli insegnanti che non hanno un diversamente abile debbono formarsi obbligatoriamente per 25 ore l’anno. Ok?

Boh, va vabbè, può essere una cosa giusta. Piccolo particolare: il legislatore si dimentica di stanziare il danaro che serve per questa formazione anche per pagare gli insegnanti, cosicché si fa pressione poi, perché gli insegnanti facciano queste ore di lavoro in più del tutto gratuitamente, diciamo. 

Poi l’altra cosa classica: il Parlamento si sveglia la mattina perché ci sono molti incidenti stradali e “facciamo più educazione stradale”, ci sono i problemi del bullismo, facciamo educazione sul bullismo, ci sono problemi di educazione sessuale? Bene, la fa la scuola. 

Noi non possiamo continuare a scaricare tutti i problemi della società sulla scuola, perché poi anche questo ci porta inevitabilmente a ridurre la sua funzione fondamentale. E quindi la politica ha delle responsabilità non piccole rispetto alla situazione in cui ci troviamo. Perché anche le scartoffie sulle inutili certificazioni di qualità (chi se le inventa?) qualcuno in alto le chiede e poi le scuole diventano il bersaglio finale. Nelle scuole ci stanno gli insegnanti, il personale amministrativo, che diventano le vittime di questo sistema.

Quindi concentriamoci su ciò che deve fare la scuola, facciamo meno leggi e facciamole con granu salis, cioè leggi che servono effettivamente. (https://youtu.be/95PvuNvbb9U )


Roberto Inciocchi: E allora aggiungiamo un’altra voce al dibattito di questa mattina. Lo ringraziamo perché vedo che si è collegato, il Prof. Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, che è con noi questa mattina. E che ringraziamo. Peraltro lo abbiamo citato più volte per la ricerca effettuata. Bentrovato. Stavo dicendo che Lei sale su un treno in corsa. Tanti temi sono già stati trattati, abbiamo avuto il ministro, abbiamo parlato un po’ di tutto, dalla burocrazia al Pnrr. Peraltro il Ministro ci ha detto che i soldi arriveranno, perché sa, c’è un dibattito sulla riscrittura eventuale, la sospensione. Magari ne parliamo dopo Cottarelli. Allora do a Lei la parola e alla fine anche a Lei farò un paio di domande veloci. Siccome abbiamo tanto già parlato della Vostra ricerca, ci fa una sintesi degli elementi che sono venuti fuori? Perché magari poi dopo ci danno uno spunto per parlare un po’.


Dottor. Carlo Cottarelli, Pres. Osservatorio Conti Pubblici Italiano

L’80% del PNRR sono soldi per le cose, pochi i soldi per le persone

Giancarlo Cottarelli: Sono molto contento di essere stato invitato da voi, perché il tema è fondamentale. La ricerca è una cosa molto semplice che noi abbiamo fatto in assenza di informazioni ufficiali sul tema, o almeno di informazione pubblicamente disponibili. Abbiamo cercato di capire, al di là di quello che era l’insegnamento frontale, qual è il tempo che viene speso dagli insegnanti in tutto il resto. 

L’ambizione iniziale, in realtà, era quella poi di cercare di capire anche, tutto il resto in che cosa consisteva e quali erano i compiti strettamente necessari, collegati all’insegnamento, faccio l’esempio per correggere i compiti in classe, da quelli che erano i compiti più burocratici. Questa seconda cosa non siamo riusciti a farla per un insieme di motivi, però siamo riusciti, sulla base di un campione, a verificare una cosa che forse già si sapeva a livello così, a livello individuale, che gli insegnanti passano un numero di ore a fare i compiti in aggiunta all’insegnamento, per un importo di ore ugualmente consistente.

Cioè metà del tempo degli insegnanti va in compiti che non sono di insegnamento. 

Come abbiamo fatto questo campione? Noi non siamo l’ISTAT; non abbiamo potuto fare un campione statisticamente rappresentativo, quindi abbiamo usato fondamentalmente contatti individuali dei ragazzi che lavorano qui, nel mio osservatorio, i loro insegnanti, e così via. Lo abbiamo fatto, in realtà, come provocazione, perché ci vorrebbero delle informazioni ufficiali su questa cosa. 

L’altra cosa che sottolineavamo è che è strano che, al contrario degli altri Paesi, queste cose non siano nel contratto di lavoro.  Questo è lavoro, quindi un contratto di lavoro deve indicare qual è il totale delle ore che un insegnante è supposto a lavorare, tenendo conto di tutto quello che è necessario.

Sulla situazione generale, parlando poi di quelle cose che non sono insegnamento frontale, noi non siamo riusciti a fare la distinzione, però parlando, anche per avere la percezione, che i compiti burocratici, siano cresciuti nel corso del tempo. Io qui ho visto l’elenco che Gilda ha distribuito: gli adempimenti burocratici a carico degli insegnanti: verbali delle riunioni, direzione e stesura dei progetti didattici, dati e monitoraggio degli stessi progetti, tutoraggio e monitoraggio dei PCTO, cioè l’alternanza scuola lavoro, programmazione del lavoro per classe e spesso per alunno nei casi di disabilità, predisposizione di verifiche diversificate, predisposizione per gli allievi DSA di una scheda con strumenti compensativi e dispensativi diversificati, compilazione del registro elettronico, compilazione di schede, griglie e tabelle, di valutazione degli alunni, compilazione di tutta la modulistica relativa alle prove in INVALSI, compilazione del RAV, rapporto di autovalutazione, riunioni di dipartimento, riunioni di gruppi di lavoro per l’inclusione. È una cosa che mamma mia. Poi ci sono cose che i docenti sono chiamati a fare in vista della chiusura delle lezioni.

Qui adesso non ve le sto a leggere per non annoiarvi ulteriormente. 

La domanda che uno poi si pone è: Ma servono effettivamente queste cose o sono cose che sono soltanto fatte per consentire al legislatore di dire: e ma noi ci abbiamo pensato? 

Un po’ quello che si diceva prima. Facciamo fare l’insegnamento della educazione stradale agli insegnanti senza però dare strumenti senza dare cose che facciamo. 

Però possiamo dire: Lo abbiamo fatto e quindi ci abbiamo pensato; questa è la preoccupazione.

Scrivere relazioni, rapporti, serve poi se qualcuno li legge, se c’è qualcuno che in conseguenza di queste cose prende decisioni; ma l’impressione è che queste cose invece finiscono in un cassetto. Quindi la forma peggiore di burocrazia. (https://youtu.be/s0wXobQO7nk)

Roberto Inciocchi: Possiamo dire direttore, che possiamo osare nel dire che alcuni documenti della scuola, Rapporti, tecnicamente non so neanche come si chiamano, ma possiamo dire che non vengono neanche letti? Forse.

Carlo Cottarelli: Questo è il mio sospetto. Noi abbiamo fatto questo lavoro, più che altro come provocazione, per la mancanza di dati ufficiali su queste cose e per la mancanza di una valutazione di queste cose. 

Servono effettivamente queste cose? Forse al ministero, ci sarà qualcuno che dice: ma questi rapporti, qualcuno li legge? Ma se non c’è forse ci dovrebbe essere. Quindi il punto fondamentale è che noi non traiamo delle conclusioni finali. Però, insomma, si tratterebbe di andare a verificare. A rispondere a queste domande che noi forniamo.

Roberto Inciocchi: Direttore, tre domande veloci. “Facciamo la televisione”. Mi sembra che lei abbia detto: intanto definiamo nel contratto quante e quali ore un insegnante deve lavorare. Sintetizzo così. E questo che ha detto; c’è una condizione di svantaggio che gli insegnanti italiani scontano rispetto ai colleghi europei?

Carlo Cottarelli: È anomala la posizione dei docenti italiani. Negli altri Paesi c’è questa indicazione di qual è il numero di complessive; è l’anomalia in casa Italiana; e non so, ha origini storiche? Non so perché sia così. Fatto sta che siamo anomali rispetto agli altri Paesi.

Roberto Inciocchi: E c’è eccessiva lentezza? Questo era l’altro tema che prima era stato toccato. C’è un’eccessiva lentezza del percorso di carriera dei professori che vanno a guadagnare potenzialmente il massimo dopo, se non vado errato, oltre trent’anni di carriera.

Carlo Cottarelli: Sì, questa è un’altra questione che abbiamo affrontato in un’altra nota: in media gli insegnanti italiani sono meno pagati degli Insegnanti di altri paesi. Parlo dei paesi con cui noi ci dobbiamo confrontare. Anche tenendo conto del diverso reddito pro-capite. La Germania adesso ha un reddito pro capite, lasciamo stare adesso per il COVID-19,, in media, il 20 25% più alto di noi.

Sarebbe normale che gli insegnanti lì avessero un reddito superiore a quello degli insegnanti italiani del 20-25% perché l’economia è più ricca.

Però, anche tenendo conto di questo fattore, i nostri insegnanti, in media, sono meno pagati. Non tanto all’inizio della loro carriera; all’inizio della loro carriera gli insegnanti italiani sono pagati più o meno come negli altri paesi, tenendo conto di questa differenza del reddito capite. Però, nella progressione di carriera, c’è una carriera che è anche più automatica di quanto avviene all’estero, ma comunque in termini di reddito è inferiore a quella che è negli altri paesi.

Roberto Inciocchi: I soldi arrivano dal Pnrr? Ho fatto la stessa domanda al ministro Bianchi prima.

Carlo Cottarelli: I soldi per cosa? Per gli aumenti stipendiali?

Roberto Inciocchi: intanto, i soldi del Pnrr come pacchetto generale che – in queste ore – viene messo in discussione da qualcuno. Si parla di riscrittura, di sospensione e quant’altro, alla luce evidentemente della guerra in Ucraina. Ma i soldi per l’istruzione arrivano?

Carlo Cottarelli: Ci sono più soldi per l’istruzione però, secondo me, non ce ne sono abbastanza. Ci sono soldi per mettere a posto le scuole, eccetera. Però adesso non mi ricordo il numero esatto per la pubblica istruzione. Perché poi c’è un complesso che viene messo insieme per la pubblica istruzione e formazione.

Roberto Inciocchi: credo – se non vado errato- sull’istruzione sono poco meno di 18 miliardi: insomma, sei riforme e due blocchi di investimenti. Questo, più o meno.

Carlo Cottarelli: Il quadro non è l’istruzione in senso stretto, lo devo andare a rivedere questo; quello che abbiamo sostenuto, è che –  in generale –  l’ottanta per cento delle spese del Pnrr sono per le cose: costruire cose; soltanto il venti percento è per le persone. Io ho sempre detto,  invece magari facciamo un po’ meno di alta capacità dappertutto e facciamo un po’ di soldi per le persone che, alla fine, mi sembra conti di più. Di certo abbiamo troppo poco per la ricerca, perché l’obiettivo era quello di avere per la ricerca di base in più – ogni anno – tra i 5 e i 10 miliardi, per avvicinare il livello della Germania. E invece c’è un miliardo in più per la ricerca di base. Senz’altro c’è quell’aspetto e, in generale, la spesa per il personale, per le persone, è poca rispetto alle infrastrutture.


Roberto Inciocchi: Guardi, questo potrebbe essere questo il titolo del giornale di domani mattina. Soldi per le cose e purtroppo meno per le persone. Professor Cottarelli, intanto grazie per esser stato con noi, per aver partecipato al dibattito, ci ha dato comunque elementi di riflessione che svilupperemo più tardi. Intanto la ringraziamo, gli auguriamo buon lavoro.

Altra voce che aggiungiamo al dibattito. Ringraziamo anche Lui, Gianluca Vacca, componente della Commissione Cultura alla Camera dei Deputati. Peraltro un insegnante, vengo da Lei. Ben trovato e, anche Lei, qualche minuto per il suo intervento, le sue considerazioni.


Gianluca Vacca, Componente Commissione Cultura Camera dei Deputati

Innanzitutto il dottor Cottarelli se n’è andato, ma volevo rassicurarlo che qualcuno che legge i report e gli studi c’è. Almeno io cerco di leggerli quanto possibile e tutti quelli che riguardano, ovviamente, gli ambiti di nostro interesse.

Un paio di considerazioni veloci su quanto è stato detto precedentemente: il ministro è andato via, ma ci confrontiamo spesso. 

Però francamente sentir dire che -,quando si tira in ballo la prova del concorso-, le domande che sono uscite fuori sono dovute al fatto che il concorso è una eredità del passato, francamente credo che non c’entri nulla. 

Il fatto che le domande vengano fatte in un determinato modo e ci sia il 90% di respinti in una prova concorsuale, non c’entra nulla con il fatto che il concorso sia stato previsto in norma un anno e mezzo fa. 

Come si sa bene, è stato detto, la situazione è abbastanza complessa per quanto riguarda il tema reclutamento e quindi non si può scaricare responsabilità su una prova concorsuale che sembra abbia avuto dei problemi sul governo precedente.

Credo che non c’entri nulla, così anche come i banchi a rotelle: sono usciti fuori anche i banchi a rotelle; permettetemi, ma ‘sta storia ormai basta! I banchi a rotelle sono stati uno strumento che è stato messo a disposizione delle scuole che hanno richiesto liberamente il loro utilizzo: o i banchi a rotelle o i banchi tradizionali. Quindi che ancora si tiri fuori la storia dei banchi a rotelle, francamente credo che sia un po’ stucchevole. 

Torniamo invece un attimo al tema della giornata di oggi.

Io innanzitutto (voglio fare) una premessa e un’altra considerazione. Noi qua stiamo facendo delle belle discussioni, ovviamente tutto quanto. Ma io vi faccio presente che noi stiamo ancora – noi docenti della scuola e il personale scolastico – sta aspettando ancora un rinnovo contrattuale di un contratto che è scaduto da quasi tre anni. 

Noi siamo entrati nel triennio contrattuale nuovo, adesso, nel 2022, ma non si è ancora iniziato a parlare di rinnovo contrattuale del triennio nel quale si è entrato, ma stiamo ancora aspettando il rinnovo contrattuale degli anni precedenti.

Questo per dire quindi che la politica, è oggettivo, arranca a stare dietro; non riesce a stare dietro ai cambiamenti che il mondo della scuola poi subisce, è costretta a subire. Si parlava prima delle varie educazioni. Ogni tanto si sveglia qualcuno e dice educazione ambientale. Benissimo. Per l’amor di Dio. Ci sono tante proposte di legge per introdurre qualche educazione all’interno della programmazione scolastica.

Ogni parlamentare vorrebbe introdurre una educazione, qualcuno ci è riuscito e qualcun altro No, perché, ovviamente, come si è detto prima, si scarica spesso sulla scuola la responsabilità di dover dare gli strumenti per affrontare un mondo che è in continua e rapida evoluzione, ma nella maniera sbagliata: senza invece affrontare i problemi. Quindi è ovvio che la politica fa fatica a star dietro a questo. 

Io vi do solo un dato. Il dato del rinnovo contrattuale è eclatante, mai , probabilmente, come questa volta rincorriamo addirittura un rinnovo di un contratto che si aggiorna in ritardo perché il mondo di quattro anni fa non è il mondo di oggi.

Quindi noi stiamo rinnovando un contratto già da tanto, siamo entrati in un’altra era. E ancora Dobbiamo iniziare a parlare del contratto di adesso: ne parleremo probabilmente tra tre quattro anni quando il contratto sarà già scaduto. 

E poi parliamo di gratificazione del lavoro docente; la gratificazione deve essere anche economica, ma non si riesce neanche a garantire quel minimo di adeguamento (degli stipendi ai) Docenti e a tutto il personale all’inflazione o comunque all’evoluzione del costo della vita. Un altro dato vorrei darvi: la politica arranca.

Io sono da nove anni in Parlamento, ormai, sono due legislature. Questa è la seconda legislatura e sono sempre stato in commissione cultura e mi sono sempre occupato, tranne la parentesi al ministero della Cultura come sottosegretario del governo Conte 1, mi sono sempre occupato e ho seguito sempre un po’ i temi della scuola e dell’istruzione. E prima facevo il conto di quanti governi, quanti ministri ci sono stati in questi nove anni: sette ministri. Il ministro Bianchi è il 7.º ministro che siede a viale Trastevere da nove anni e poco più.

Sette ministri. Dico questo per dire cosa? Perché quando si parla di bisogna fare; è facile dire come ha fatto il Presidente Nencini ci vogliono gli Stati generali della scuola. Quanti? Stati Generali? Quando c’è una crisi o un problema si dice che bisogna fare gli Stati generali. 

A parte il fatto che fare gli Stati generali quando un governo sta finendo è una ipotesi abbastanza ….  a che cosa serve? Anche se si riesce a mettere in piedi gli Stati Generali, non ci sarebbe il tempo per attuare le conclusioni e le decisioni degli Stati Generali.

Ma dico questo per dire: come fa un comparto come quello del dell’istruzione, dove in nove anni sono susseguiti sette ministri, sette ministri, uno ogni anno e due mesi di media tre mesi, Come fa a mettere al centro la scuola come un obiettivo, con una prospettiva di medio lungo periodo? È ovvio che se un ministro ha un orizzonte temporale di un anno e poco più, un governo, un ministro è un segretario – con il tempo che ci vuole per insediare un ministero eccetera-.

Ovviamente cosa accade? Accade che i problemi lui riuscirà a malapena ad affrontare l’emergenza, ma non potrà mettere in piedi un discorso di cambiamento e di innovazione nel mondo della scuola. 

Perché, io dico sempre, nella scuola, normalmente in questi ultimi anni è cambiato tanto. Si è cambiato tanto, tantissimo, troppo, ma si è innovato poco. E questo è il problema. Si cambia tanto e continuamente. Si è fatto riferimento alla legislazione che cambiano continuamente, si è cambiato tanto sul tema del reclutamento dei docenti.

Ogni stagione ha un cambio, si cambia rinnovamento, siamo passati dalle Sissi al tirocinio al TFA, ai concorsi, è un continuo cambiamento. 

Allora si cambia tanto, ma si innova poco. 

Il Pnrr è nato con un governo – il Conte due – sbocciato di fatto. E adesso sta continuando con un altro governo: il governo Draghi, con il governo di unità nazionale. 

Io ho visto il passaggio: come è nato, quando è nato, adesso, quando si è strutturato e, per esempio sul tema scuola, Noi – come Commissione – abbiamo dato un’indicazione chiara perché all’inizio nelle prime bozze si parlava per esempio di innovazione per l’edilizia scolastica. 

Il tema innovazione scuola era soltanto legato all’edilizia scolastica, ma soltanto per adeguamento, per esempio sismico e messa a norma dell’edificio degli edifici scolastici. 

Noi, per esempio, come Commissione Cultura, io ero relatore dei pareri del Pnrr alla Camera, abbiamo dato un’indicazione molto chiara: abbiamo detto al governo, già dall’inizio, “Non è pensabile con tutte queste risorse parlare di innovazione soltanto per dire che bisogna adeguare le strutture scolastiche eliminando la dispersione energetica”, cosa importantissima o adeguando dal punto di vista energetico o sismico, cosa fondamentale, importantissima. Ma queste risorse devono servire anche a mettere al centro un processo di innovazione di tutta la scuola, partendo proprio dall’edilizia scolastica: non soltanto messa a norma, messa a norma, ma anche degli anni di apprendimento e quindi, partendo dagli edifici, mettere in moto un processo di innovazione dei saperi che poi porti anche a una innovazione di tutto il sistema scolastico.

Si dovrebbe fare, ma per fare questo, ripeto, ci vuole un orizzonte temporale che il governo oggettivamente in Italia non hanno, quindi è una cosa molto difficile. 

Questo non vuol dire che non si possa fare qualcosa, si può fare. Uno dei temi importanti di cui si è parlato poco è proprio il tema del reclutamento. È il progetto a cui i ministeri stanno lavorando: una delle Riforme del pnrr è quello del reclutamento e della formazione all’ingresso dei docenti. 

Credo che questo sia un tema fondamentale per non solo porre fine al precariato, perché ci sono nove anni da quando sei in commissione Cultura che sono entrato con il problema del precariato e uscirò dalla Commissione Cultura con il problema del precariato che non si è risolto o comunque è ancora un problema, per un motivo molto semplice: perché i precari si generano continuamente, finché noi avremo supplenze noi avremo precari che si continuano a generare. Allora bisogna fare in modo che la riforma del reclutamento sia una riforma dove si metteno al centro le competenze iniziali dei docenti, si formino docenti preparati, che poi entrino nelle nostre scuole con, ovviamente, una preparazione adeguata alle sfide che si affrontino e che permettano però anche di non generare più precariato. (https://youtu.be/VPJtbIwxAew)


Roberto Inciocchi: Chiaro. Allora, Intanto grazie. Perché come vedete stamattina veramente io più vi ascolto e più capisco quanti temi ci sono sul tavolo, alcuni atavici, storici, altri più contingenti. Insomma, è evidente chiaro come il titolo di quest’oggi è, appunto, “Non c’è più tempo, lavoriamo insieme per una scuola migliore”, per la sburocratizzazione della scuola. 

Intanto grazie. Passiamo dalla Commissione Cultura alla Commissione Istruzione. Alessandrini è con noi? Buongiorno, grazie. No?

Allora possiamo andare avanti intanto. Dopo aver ascoltato l’onorevole Vacca, torno da Rino Di Meglio perché, abbiamo ascoltato, ascoltato anche Carlo Cottarelli, poco fa. Ci fa una sintesi Di Meglio? Ricordo: coordinatore generale Gilda degli insegnanti. Ci fa una sintesi, un po’ , di quello che abbiamo ascoltato? E soprattutto qual è il suo pensiero?


Prof. Rino Di Meglio, Coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti FGU

Io penso che soprattutto l’intervento del professor Cottarelli ha centrato in pieno il tema dell’incontro di oggi. Perché, è ovvio, è importante il precariato, il Pnrr. Ma direi che il Professor Cottarelli dovrei portarlo con noi al tavolo contrattuale perché ha colto esattamente la situazione degli insegnanti. 

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Assemblea provinciale di Crotone del 21/03/22

Cioè abbiamo tantissime cose che facciamo in più rispetto all’insegnamento, ammesso che siano buone, ammesso che qualcuno legga le scartoffie che si producono, perché lui ha detto “io non so se vengono lette”, io posso dirgli di essere certo che non vengono lette da nessuno perché ci vorrebbe un ministero apposito solo per la lettura dei documenti. 

Quindi sono carte che vengono prodotte e restano lì, a futura memoria, che le cose si sono fatte. Non servono ad altro. Purtroppo. 

Direi che Cottarelli ha centrando benissimo e queste questioni andrebbero portate al tavolo contrattuale non soltanto per retribuire il lavoro in più, ma anche per scoraggiarlo. 

Perché è chiaro che se noi l’insegnante lo teniamo 18 ore a far scartoffie o a partecipare a cose non esattamente utili all’insegnamento, sono energie che distraiamo dalla funzione fondamentale che è quella di occuparsi degli alunni. È questo il problema fondamentale. 

Noi nel contratto abbiamo cercato di scrivere quali sono i compiti degli insegnanti, ma poi non vengono osservati perché viene costantemente fatto un appello alla “missione” e dire “Se non facciamo queste cose la scuola non va avanti”;  è questa è la problematica. 

Poi ha perfettamente ragione l’onorevole professor Vacca perché, essendo stato insegnante come noi, sa perfettamente che nel PNRR non ci sono, come ha detto anche Cottarelli, i soldi per le persone, ci sono i soldi per le cose. 

Per la scuola l’unica cosa concreta è il finanziamento del sistema di reclutamento che, mi auguro, possa consentire di pagare i commissari d’esame. Perché oggigiorno i concorsi non vanno avanti perché non ci sono i soldi per pagare i commissari e quindi dopo un po’ la gente cede e abbiamo avuto il concorso, quello del 2020, dove i commissari sono cambiati tre quattro volte, tanto per dire come vanno le cose. 

Perché poi non ci sono le risorse per mandare avanti il sistema; è certo che la scuola è sotto attenzione, e ci sta bene che si vada a intervenire sull’edilizia scolastica, ci mancherebbe altro, sperando che vadano in porto poi, perché, come ho detto prima, la burocrazia riesce a fermare e a frenare anche sugli enti locali, quando ci sono i vari passaggi di denaro e poi stentiamo a vedere la realizzazione delle opere. 

Diciamo che l’obiettivo di questo incontro è perché la politica ascolti il grido di dolore che viene dalla scuola e che dice “lasciateci lavorare con i nostri alunni e smettetela di complicarci la vita”. 

Se posso fare un esempio concreto: noi, poche settimane fa, abbiamo concluso le operazioni di mobilità con gli insegnanti che si vogliono trasferire, compilano dei moduli e personalmente io me ne occupo da parecchi anni.

Beh, guardi, in 30 anni non è cambiato nulla. Sa’ cosa è successo con l’informatizzazione? Che gli stessi moduli che si facevano trent’anni fa oggi si fanno al computer. Ma gli insegnanti continuano a dover compilare degli allegati dove scrivono riga per riga tutti gli anni di servizio che hanno fatto prima del ruolo, dopo il ruolo e poi addirittura devono dichiarare da quanto e quanti anni stanno nella stessa scuola con il famoso allegato F.

Ma è mai possibile che spendiamo i miliardi per informatizzare il ministero e che questa informatizzazione non ci allevi  della compilazione ogni anno delle stesse carte?

Questa è la domanda che rivolgo; l’abbiamo rivolta a tutti i ministri che ci ascoltano e restano sbigottiti. Però purtroppo poi le cose restano così come erano prima e gli anni passano e la scuola resta sempre più ingolfata di scartoffie. (https://youtu.be/95PvuNvbb9U )


Roberto Inciocchi: La grande sfida è questa, perché se usiamo una penna, così come usiamo un mouse e utilizziamo lo stesso tempo, stesso tempo utilizzato purtroppo per fare solo burocrazia e non insegnamento, allora è un problema. Lei ha perfettamente ragione.


On.le Gianluca Vacca, Commissione Cultura Camera dei Deputati

Gianluca Vacca: Mi concedete un minuto aggiuntivo? Posso?

Roberto Inciocchi: Prego. Velocemente.

Gianluca Vacca: Giustamente, ci sono queste considerazioni sacrosante e giustissime. 

Il tema delle banche dati, per esempio, è un tema fondamentale su cui con il il PNRR arriveranno molte risorse per informatizzare e mettere in correlazione le banche dati, la ricostruzione di carriere, insomma è veramente assurdo che oggi, come diceva il Presidente (Coordinatore nazionale della Gilda insegnanti, ndr) si debbano fare le stesse scartoffie – però al computer – ma con lo stesso procedimento, dovendo mettere le informazioni che il sistema dovrebbe già avere. 

Io poi faccio anche un altro esempio su come la tecnologia non basta usare il computer per dire che diminuisce il tempo di lavoro che, invece, aumenta. Io ho mia moglie anche che insegna e lo vedo anche quotidianamente com’è il lavoro scolastico. I colloqui? I colloqui adesso si fanno ma ovviamente si svolgono online. Ma il colloquio online non è una semplificazione: spesso si traduce in un aggravio di tempo, una perdita di tempo aggiuntiva. Perché? I genitori ovviamente chiedono di parlare anche in altri momenti, i genitori scrivono mail, anche fuori dall’orario e quindi si è costretti a rispondere alle mail anche di sera, in un orario che sarebbe al di fuori dell’orario scolastico. (https://youtu.be/VPJtbIwxAew )

Roberto Inciocchi: Una volta c’era l’ora del venerdì, una volta alla settimana. 

Gianluca Vacca: Adesso la tecnologia permette tante cose positive ma, se non utilizzata bene, comporta che il lavoro venga portato a casa e in qualsiasi orario. 

Chat whatsapp che consentono di essere sempre raggiungibili … quindi diventa una forma di lavoro, è connesso con il lavoro, 24 ore su 24. … Quando io parlavo di rinnovo contrattuale dicevo che questi sono temi che andrebbero trattati. La sede più opportuna sarebbe proprio quella del rinnovo contrattuale, per affrontare anche tutti questi cambiamenti. Ma se non riusciamo a garantire, non per colpa dei sindacati, neanche l’adeguamento contrattuale nei tempi ragionevoli, diventa ancora più difficile stare al passo con i cambiamenti e fare il minimo indispensabile diventa ancora più difficile; certo il middle management andrebbe affrontato … sono tante le questioni ma io faccio l’ultimo esempio e poi chiudo: io 15 anni fa, quando ero a scuola, già facevo i blog di classe con i miei studenti. Sono stato sempre un appassionato dell’uso delle nuove tecnologie. Mi trovavo spesso che il pomeriggio e la sera lavoravo: preparavo il blog e tutto quello che bisognava preparare, e rispondevo alle domande dei miei alunni. 

La professione docente sta cambiando. Bisogna assolutamente che questo si traduca in un riconoscimento contrattuale ed economico del proprio lavoro e che non ci sia un abuso che sottragga tempo troppo oltre il dovuto.


Roberto Inciocchi: Molto chiaro. Siccome ci avviamo verso la chiusura di questa mattinata che tanti elementi di confronto ci ha dato, senatore Pittoni, se è ancora con noi, ci fa anche lei un po’ una sintesi? Veloce perché siamo in chiusura e poi dopo vorrei tornare su Di Meglio.


Sen. Mario Pittoni, Vice Presidente comm. Istruzione Senato

Mario Pittoni: Io ho ascoltato con molta attenzione Cottarelli. Mi pare che lì mancasse una cosa importante; perché noi – ogni anno – la struttura della scuola, è costretta a cercare qualcosa come 150-200.000 supplenti. 

Perché sempre per la questione del risparmio, dello Stato che non mette soldi sulle persone, li metterà adesso con il pnrr sulle cose, ma non sulle persone, ci troviamo con un numero assolutamente esagerato di supplenti che bisogna trovare; e trovarli costa: costa in termini di tempo e, alla fine, anche in termini economici; come costa ad esempio licenziare insegnanti precari a giugno e riassumerli poi a settembre, perché devi attivare tutto un meccanismo. Una struttura. 

Sono costi di cui non si tiene conto. Ma perché? Perché avendo ogni ministero, ogni struttura dello Stato in amministrazione propria, cosa fanno? Cercano di limitare al massimo le spese e possibilmente di scaricarle su qualche altra struttura.

E anche questo porta costi aggiuntivi che si potrebbero evitare e che credo siano molto elevati nella scuola. Perché, ripeto, quando devi andare a cercare centinaia di migliaia di persone e sostituire insegnanti che non ha mai voluto assumere, come conseguenza anche uno scadimento della qualità, perché se vuoi avere qualità al corpo docente deve utilizzare insegnanti titolari che abbiano il tempo di conoscere i ragazzi di cui si devono occupare per poter personalizzare i servizi; se gli insegnanti cambiano continuamente, non puoi garantire qualità. (https://youtu.be/PBuugEYJ-Dk)

Roberto Inciocchi: Molto chiaro; siamo arrivati quasi verso la conclusione. Credo che non ci siano altre prenotazioni di interventi, vediamo se ci sono, ma non credo. E allora torno da Rino Di Meglio per una chiusura. 

Quante cose abbiamo detto? Quanto pensiero si è sviluppato stamattina? Siamo partiti col ministro – quasi 2 ore – insieme alle centinaia di insegnanti che ci hanno seguito, che ci stanno seguendo. Ma che cosa diciamo alla fine di questo dibattito, Di Meglio?


Prof. Rino Di Meglio, Coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti FGU

Noi oggi abbiamo buttato dei semi, perché abbiamo parlato con diversi politici che ci hanno ascoltato, anche se non tutti dal principio alla fine, ma siamo riusciti a farci sentire e speriamo che questo sia un seme;  un seme, perché poi sono stati accennati anche i problemi del precariato. C’è anche il precariato, una piaga della scuola italiana. In Italia non c’è una scuola europea che abbia 200 mila precari. E tipicamente nostro. Questo perché, è stato detto, il problema è che i concorsi, anche qui per l’eccessiva burocrazia, si sono paralizzati negli anni; abbiamo ascoltato le buone intenzioni del ministro, del senatore Pittoni e altri, di riuscire a mettere in piedi entro pochi mesi un sistema di reclutamento stabile che faccia sì che ogni anno nella scuola vadano assunti quelli che servono perché abbiamo un pensionamento di 30-40 mila insegnanti ogni anno. E se non si sostituiscono quelli è chiaro che negli anni accumuliamo una specie di debito e aumenta il precariato. 

E poi, quando abbiamo persone che stanno lì da tre, quattro, cinque, dieci anni a fare lo stesso lavoro, non è che si possa pretendere di mandare a dire grazie, è stato bello, arrivederci.

Quindi queste persone vanno in qualche modo stabilizzate, sempre tenendo cura che siano dei bravi insegnanti, perché alla scuola queste figure servono, ma con procedure ovviamente più snelle e più veloci. 

Se da questa riunione di oggi siamo riusciti a lanciare un messaggio, la politica lo ha accolto, diciamo che è una tappa per le nostre battaglie future, che non sono solo battaglie contrattuali, ma anche battaglie di opinione pubblica. Perché abbiamo lanciato questo messaggio importante al Parlamento anche sul fatto di dover smetterla di fare leggi che creano confusione e che questo fa male alla scuola, perché male ne ha fatto parecchio anche la politica.

Poi giustamente è stato detto che abbiamo tutti altri problemi, a cominciare da quello contrattuale. 

Su questo voglio solo ricordare che il contratto, come è stato detto dell’onorevole Vacca, è in ritardo ormai da tre anni e mezzo; che questo contratto, se va bene, ci darà il 4,03% di aumento degli stipendi base. Non c’è un centesimo per fare altro. 

Quindi è inutile parlare di altre cose, di fare progetti, welfare, eccetera eccetera. Perché non ci sono le risorse. E quindi il messaggio forte alla politica è che se vogliamo una scuola veramente buona, bisogna investire su questa scuola; il primo investimento è quello sulle figure necessarie. Prima di tutto gli insegnanti, perché se non li paghiamo decentemente abbiamo anche il rischio che poi chi può scappa a fare un altro lavoro.


Roberto Inciocchi: Ma allora per chiudere le chiedo: Lei è rappresentante di decine di migliaia di insegnanti in questo Paese, ma lei è fiducioso stavolta?

Rino Di Meglio: Guardi, io penso che bisogna sempre avere quello che ci chiama l’ottimismo della ragione, perché se ci tuffiamo in un pessimismo globale non andiamo da nessuna parte. Quindi dobbiamo tutti lavorare per costruire un futuro migliore, avendo ben presente quelle che sono le negatività del presente. Ma guardando avanti. Assolutamente, è anche il nostro compito come Insegnanti: dare ai nostri alunni, la visione e la possibilità di un futuro migliore della vita in cui viviamo oggi.


Roberto Inciocchi: E poi io ho avuto modo di conoscerla prima di questo incontro e  ho subito apprezzato il grande entusiasmo, la tenacia che Lei mette nel suo lavoro e nel suo impegno. Perciò grazie davvero per aver lavorato insieme al direttore, che saluto, che ringrazio per aver messo tutti noi intorno a un tavolo. Ringraziamo il ministro, ringraziamo il professor Cottarelli. Ringraziamo Pittoni. Insomma, tutti coloro che sono intervenuti che hanno portato ognuno il proprio contributo a questa mattinata di confronto. Ed è l’inizio di un confronto perché adesso c’è un passaggio pnrr. 

Bisogna sottolinearlo perché è un passaggio fondamentale. E poi c’è un elemento: non possiamo più perdere tempo. un elemento che personalmente mi è molto piaciuto, di questa mattinata; non ricordo chi fosse: forse il ministro, forse Cottarelli, quando si è parlato della scuola sensibile, cioè torniamo alla sensibilità dei rapporti all’interno della scuola e magari riempiamo un po meno di fogli, muoviamo un po’ meno il mouse. Questo è un po il senso. Lo semplifica perché sono un giornalista. Io ringrazio davvero tutti voi e soprattutto grazie a chi ci ha seguito. Centinaia e centinaia di insegnanti, insomma, che hanno avuto la pazienza di seguire le nostre considerazioni.

Grazie a tutti, Grazie Stefano Colarieti. Grazie davvero e spero di ritrovare tutti voi presto. E ringrazio lei Di Meglio – appunto – per l’occasione che ci è stata data. Buon lavoro a tutti.